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SATPREM
pubblica , spinto come da un'irreprimibile urgenza, un testo breve, febbrile,
sconcertante. Una sorta di saggio biografico che si limita ai momenti
essenziali, agli istanti in cui tutto si ribalta.
Niente aneddoti, niente di simile a confidenze o a ricordanze ben cesellate:
ma una ricerca dolorosa per sfuggire alla morte di questa vita, con in
più uno sforzo quasi disperato di tradurre in parole l'indicibile:
"Disponiamo di ben poveri mezzi per dire quel che abbiamo nel
cuore... Quand'è che riusciremo a parlare in musica?"
Tragitto percorso in volata, per balzi successivi e successive effrazioni,
il racconto non conosce preliminari né transizioni, mantenendosi
in bilico costante, come preannuncia l'epigrafe, su "un esilissimo
crinale fra il disastro e la Meraviglia".
Ci sono infatti esseri predestinati che per compiere il proprio destino,
per vedere al di là dei loro occhi ed entrare fisicamente in consonanza
con l'ignoto, sono obbligati a subire una lunga traversata di catastrofi.
Satprem ha conosciuto ben presto la prova radicale, quella che sradica
un uomo per sempre: Era il 5 maggio del 1945, avevo ventun'anni e qualche
mese, venivo fuori da un capannone brulicante di pidocchi e avevo già
il tifo, che mi ero preso negli ultimi giorni nel campo di concentramento.
Mi è stata salvata la pelle, non so perché.
Attraverso percezioni improvvise, stupefazioni, commozioni brutali, gli
succederà di sfuggire a questa vita umana impastata di morte vivente passando,
nel bruciare di tutte le sue fibre, dall' "altra parte".
Ciò che a Satprem qui preme trasmetterci è un "miracolo"
strappato alla materia stessa del corpo e come quel prodigioso "nuovo
sole" sia al di là d'ogni possibile parola. Questo suo libro
è un poderoso incitamento a tentare d'infiltrare il possibile nell'impossibile:
a cambiare la morte per cambiare la Vita.
Andrè Velter
"LE MONDE", 9 febbraio 1990
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POCO più
di un anno è trascorso dall'edizione originale di questo breve,
densissimo libro, che il suo autore aveva intitolato Le Crépuscule
des Hommes. Trasparente allusione: dopo il crepuscolo degli dèi,
ci troviamo di fronte al nostro stesso tramonto.
Esigenze editoriali francesi
hanno poi fatto scegliere il titolo La Révolte de la Terre.
Abbiamo optato anche noi per quest'ultimo - come del resto è il
caso della recentissima edizione inglese -, sembrandoci oggi che proprio
la rivolta, più ancora del crepuscolo che la sottende, sia ormai
a livello mondiale davanti agli occhi di tutti.
Oggi, mentre scriviamo queste
righe, 20 mesi appena sono trascorsi dal 7 luglio 1989, data apposta dall'autore
al termine del libro. Un lasso di tempo più denso, e incalzante,
dei duecento anni pressochè esatti trascorsi dalla caduta di una
famosa Bastiglia. Solo quattro mesi dopo, del tutto inaspettatamente,
sarebbe crollato il Muro di Berlino.
Oggi nessuno sa bene cosa stia
per crollare. Tutti però si rendono conto che qualcosa sta per
cadere. Una civiltà? Un mondo? Il mondo? Satprem viene a mostrarci
che qualcosa sta piuttosto per accadere. 'Crepuscolo', si badi, è
non solo l'interregno oscuro che segue ogni tramonto: è anche il
momento che precede un'alba.
Nessuno sa, ovviamente, quale
sarà l'esteriore scenario in cui le pagine di questa Rivolta della
Terra vedranno la luce: ancora un oscuro interregno lacerato dai fragori
della guerra, dai bagliori del nostro falso oro in fiamme? Il definitivo
Disastro? Oppure...? Siamo appesi ad un filo d'oro di un radicale oppure
- non a speranze di raccomodamenti impossibili ormai.
Scriveva Satprem, a proposito
dell'uscita in Francia di questo libro: "Ho tentato di gettare in
mare una sorta di estrema bottiglia a chi vuole comprendere qualcosa prima
che sia troppo tardi".
Ci tornano in mente, con struggente
insistenza, le veggenti parole di un poeta, al quale del resto Satprem
accenna in questo libro, chiamandolo 'il mio fratello Rimbaud': "Quando
andremo, oltre i greti e i monti, a salutare la nascita del lavoro nuovo,
la saggezza nuova, la fuga dei tiranni e dei dèmoni, la fine della
superstizione, e ad adorare - per primi! - il Natale sulla terra?..."
Sulla Terra: così aveva
visto il poeta. Ma poeta, ricordiamolo, è colui che fa. Oggi il
tempo è arrivato, per ognuno di noi: Satprem ce lo mostra attraverso
il suo assetato tragitto di uomo.
In bilico sull'esilissimo crinale,
sembra stia a ciascuno scegliere, prima che sia troppo tardi, fra il Disastro
e la Meraviglia.
TOMMASO
BONI MENATO
Roma, 8 marzo 1991
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